Grecia: ostaggio d’Europa

Grecia: ostaggio d’Europa

Le interviste di Fabio Scandone
1a Parte – Viaggio ad Atene

Atene. Quali che siano i trucchi cosmetici sui conti ancora in profondo rosso di Atene, decisi dal braccio di ferro dei creditori Ue e del Fondo Monetario Internazionale, i venti di tramontana natalizia della crisi spireranno gelidi anche alle più temperate latitudini ateniesi. Un anno dopo il referendum che voleva sancire con il 62 per cento di ”no” la rivolta del Paese ellenico ai diktat lacrime e sangue della trojka europea, ispirata in buona parte dal ministro tedesco delle Finanze Schäuble, e dopo nove anni di crisi economica ininterrotta, il governo dell’ultrasinistra Tsipras si è ritrovato a fare i conti con piani di austerità, se possibile, ancora più drastici di quelli interrotti per la chiamata popolare alle urne.
Risultato: scomparso dai titoli dei giornali e dai media internazionali, il paese ellenico annaspa in un limbo apparentemente senza fine di fuga di cervelli, di negozi che chiudono a valanga, di disoccupazione record e senso diffuso di rassegnazione, mentre anche gli intellettuali più lucidi restano perplessi di fronte alla miseria quotidiana che avanza. La pura realtà dei dati pure indica una crescita del pil superiore anche alla stessa Germania, mentre l’avanzo primario dovrebbe far segnare un significativo 2 per cento.

Ma la crisi morde. Sconvolge quartieri e stili di vita della capitale che da sola conta quasi la metà della popolazione greca e sopporta senza le tradizionali reti della solidarietà familiare il peso e la solitudine delle nuove povertà. Per la prima volta piazza Omonia, il cuore metropolitano di Atene, scopre i suoi senza tetto che tendono una mano e non sono i profughi; quelli restano nelle lontane isole di fronte alla Turchia e ricevono gli aiuti delle famiglie greche. Per la prima volta, interi quartieri commerciali come Platonos sono una sequenza di serrande abbassate di negozi chiusi, mentre in altri storici avamposti della protesta anarchica, come Exarchia e il Politecnico, gli striscioni restano, ma ineggiano alla povertà dirompente. E anche nei templi dorati di Kolonaki sembrano quasi più triste persino le mannequin delle boutiques griffate, deserte ad ogni ora del giorno, anche nei canonici sabato dello shopping, mentre la vita pulsa sempre più low cost nei mercatini rionali all inclusive dalla spesa quotidiana all’abbigliamento come accade per esempio nel quartiere in via di bonifica di Metaxourgheio. E le file dei nuovi poveri ex avvocati, ex insegnanti, licenziati dal settore pubblico ingrossano le file per i pacchi pranzo alle mense sociali organizzate dalla Chiesa ortodossa nei centralissimi quartieri di Aghios Sostis.
Altri tempi davvero quelli degli anni Settanta e Ottanta, quando, con soldi di profumo tutto made in USA, le vie brulicavano di giovani scalatori urbani e donne in carriera. E perfino gli anni immediatamente successivi all’ingresso dell’euro, quando il credito facile ammetteva spese passe. Poi arrivarono le verità impietose sui bilanci truccati per entrare nell’euro e un debito pubblico tre volte superiore a quello dichiarato e il paese dovette passare sotto le forche caudine del tandem tedesco Merkel-Schäuble con tre memorandum da far raggelare le vene.

Sfida tremenda anche per il politico antipolitico senza cravatta della sinistra estrema di Siryza, vincitote a furor di popolo delle elezioni del 2015 e con la dorata bugia di riportare fuori della crisi la Grecia dissestata ma senza troppi dolori. Ora gliela rinfacciano un po’ tutti quell’azzardata promessa. Così da un think thank di altissimo livello quale ELIAMEP, dove il professor Thanos Veremis mette sotto accusa i fondamentalisti dell’economia e il programma di liberalizzazioni senza una effettiva politica di riduzione del debito;

Cosi per gli industriali greci che con Jorgos Xiroyannis rilanciano sulla necessità di abbassare le tasse per attirare investitori stranieri. Concetti ripresi ed ampliati incisivamente dall’Ambasciatore d’Italia ad Atene, Luigi Marras, che ha fatto dell’incentivo alla piccola e media impresa italiana in Grecia uno degli assi portanti della sua intensa azione diplomatica nei primi due anni del suo mandato ad Atene. Una mancanza di visione d’assieme che dal campo dell’impresa un osservatore e protagonista d’eccezione, quale il vicepresidente di Edison Hellas Ioannis Zisimos, inquadra nella necessità di un esecutivo di unità nazionale con un programma comune in pochi punti chiave per la crescita e lo sviluppo economico. Approccio che appare sempre più condiviso, se non fosse che, come talora avviene, Tsipras ha fatto della sua debolezza un punto di forza. Esattamenτe ciò che fa dire alla combattiva parlamentare di Syriza, Chrissoula Katsavria Sioropolou, che rilancia la necessità ”della sfida posta da Siryza ai neoconservatori in patria e ai signori dell’UE con politiche di Welfare che sanno attutire i colpi dell’Austerity

E il muro contro muro continuerà fino alle elezioni che, teoricamente, si svolgeranno il 2019. Sempre ché Tsipras riesca a scansare davvero tutti gli ostacoli nella Grecia dell’anno sette della sua crisi senza sbocchi….

Fabio Scandone

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